Lettera aperta al Ministro della Giustizia

È sbagliato depotenziare la mediazione

 

Caro Ministro Bonafede,

abbiamo appreso da notizie di stampa e da indiscrezioni di alcuni social media dei contenuti della proposta di riforma del processo civile, che riguarderà, per quanto ci consta, anche gli strumenti di risoluzione consensuale delle controversie.

Sappiamo che presso il Ministero si sono svolte delle audizioni informali con alcune componenti forensi, istituzionali e associative, proprio al fine – immaginiamo – di condividere e meglio valutare i contenuti della riforma.

Quale associazione di Avvocati che sostengono i metodi negoziali e mediativi, abbiamo chiesto di essere auditi e, pur senza aver avuto una risposta, ribadiamo comunque la disponibilità a rappresentarLe la nostra esperienza e le nostre proposte.

Per quanto ci è stato possibile apprendere, la proposta di riforma tende ad implementare la negoziazione assistita, depotenziando la mediazione, dal cui ambito di applicazione verrebbe sottratta la materia dei contratti bancari e assicurativi, oltre alla responsabilità medica.

Ci permettiamo di formulare alcune osservazioni in merito a tale scelta, con l’auspicio che l’impostazione della riforma possa essere opportunamente rivista, riconsiderando attentamente il ruolo della mediazione nel contesto delle tante forme di realizzazione della giustizia civile.

Condividiamo l’approccio da Lei più volte proposto, preordinato a valutare le risultanze applicative della mediazione nei diversi settori di applicazione, ma non condividiamo le scelte effettuate in conseguenza di tale valutazione.

I dati statistici disponibili presso il Suo Ministero (con riferimento sia ai procedimenti di mediazione, sia alle iscrizioni a ruolo delle cause civili) dimostrano che la mediazione ha funzionato in tutte quelle controversie dove si rileva una relazione intercorrente tra le parti, di natura contrattuale, familiare o comunque di conoscenza. Così le mediazioni in materia di condominio, locazione, diritti reali, successioni e divisioni ereditarie, hanno prodotto risultati particolarmente significativi, al punto che il calo medio delle iscrizioni a ruolo delle cause in queste materie, negli ultimi cinque anni, ha raggiunto il 40%.  È evidente, pertanto, che la mediazione funziona laddove il mediatore e gli avvocati possono lavorare sulle relazioni intercorrenti tra le parti o, quanto meno, valorizzare tali relazioni.

Seguendo la stessa logica dal Lei suggerita, di attenta valutazione dei risultati, caro Ministro Bonafede, perché non pensare di ampliare il novero delle materie da sottoporre ad un passaggio mediativo?

Ci permettiamo di suggerire che la mediazione potrebbe ragionevolmente funzionare in molte controversie di natura contrattuale (come, tra le altre, appalti privati, contratti di natura commerciale, prestazione d’opera, anche intellettuale), oltre che in materia societaria.

Siamo, invece, d’accordo sul fatto che la mediazione non ha funzionato, per molte e diverse ragioni, in materia bancaria e assicurativa. Tuttavia, in alternativa alla sottrazione di queste controversie alla mediazione obbligatoria, si potrebbe comunque valutare una diversa declinazione della procedura mediativa in alcune materie, magari valorizzando la consulenza tecnica anche in chiave di possibile utilizzo della stessa nell’eventuale successivo giudizio, responsabilizzando così le parti che si siedono al tavolo conciliativo.

Siamo, invece, contrari all’eliminazione della materia della responsabilità medico-sanitaria dal novero delle materie obbligatorie per la mediazione.

È vero che le risultanze applicative, in questo ambito, non sono state particolarmente significative, ma le ragioni di tale insuccesso non afferiscono alla inidoneità di queste controversie alla sede mediativa, quanto invece all’atteggiamento delle strutture sanitarie pubbliche (la praticabilità della mediazione con le pubbliche amministrazioni è un problema ancora da risolvere), oltre alle note resistenze di molte compagnie assicurative ad accettare il confronto di fronte al mediatore.

Siamo, pertanto, convinti che, ove le parti si siedano al tavolo, la mediazione possa rivelarsi utile anche alla risoluzione delle controversie in tema di responsabilità medica, dove le relazioni intercorrenti, nonché le componenti umane ed emotive che queste casistiche involgono, possono essere opportunamente valorizzate da parte del mediatore. La procedura di cui all’art. 696-bis c.p.c., lungi dal poter integralmente sostituire la mediazione, potrebbe invece ragionevolmente traslarsi all’interno della mediazione, laddove il contributo del consulente tecnico appaia necessario per la proficua risoluzione della controversia.

Quanto alla negoziazione assistita, di cui siamo convinti sostenitori, è bene essere consapevoli – senza alcun preconcetto ideologico – che questo strumento consensuale non può ritenersi sostitutivo della mediazione. La procedura negoziale tra le parti, assistite da avvocati (senza l’ausilio del terzo), andrà senz’altro semplificata, incentivata e, quindi, promossa in ambito forense, ma non può ritenersi valida quale condizione di procedibilità, in quanto scarsamente efficace al cospetto di parti che non siano particolarmente disponibili a confrontarsi.

Conclusivamente, caro Ministro Bonafede, siamo disponibili a discutere una revisione dell’attuale modello di mediazione (che è ampiamente perfettibile, a cominciare da un ripensamento del primo incontro di fronte al mediatore), oltre a valutare una revisione delle materie soggette alla condizione di procedibilità, ma non ci sembra in alcun modo ragionevole depotenziare la mediazione, in favore di strumenti che non hanno la stesse potenzialità e, soprattutto, non sono paragonabili alla mediazione.

Questo Governo, con le diverse anime che lo caratterizzano, dovrebbe ben riconoscere la validità della mediazione, come metodologia di composizione virtuosa di diverse posizioni. Oltretutto, la mediazione ha un valore sociale, che va molto al di sopra della sua applicazione alle controversie civili e commerciali. Rappresenta la massima espressione di una cultura del dialogo, che andrebbe sempre promossa, a scapito di ogni logica avversariale.

Confidiamo che le nostre osservazioni possano essere opportunamente valutate da questo Governo, che si è sempre proposto con la bandiera del “cambiamento”.

Con osservanza.

Roma, 17 dicembre 2018

Il Presidente U.N.A.M.

Avv. Angelo Santi

Il Segretario Generale U.N.A.M.

Avv. Mauro Carlo Bonini